Mostre d'arte come mezzo di promozione dell'Italia in Cina

Jennifer Lin, dopo essere stata alla mostra su Michelangelo esposta al Museo di Storia di Taipei, scrive: 
 "Florence is becoming an even more attractive city to me now that I'm getting to know the masters of who were born of this city!" (cfr. Il blog di Jennifer Lin).
Questa mostra di successo su Michelangelo dimostra quanto interesse desti la nostra arte in Oriente, e quanto queste mostre possano essere un veicolo di promozione per il nostro territorio, e incrementare così il turismo cinese incoming.

Esportare cultura in Cina

L'alta competitività delle aziende cinesi sta diventando un ostacolo insormontabile per tutte le economie occidentali, compresa la nostra. Continuare a puntare sulla produzione industriale nel nostro Paese dove i salari e le tasse alle imprese sono altissime, è strategia possibile solo ai grandi gruppi che comunque lavorano anche molto in outsourcing. Un modello di business vincente per il nostro Paese che andrebbe non a cozzare, ma al contrario beneficiare della crescita economica cinese, è l'esportazione di cultura. 

Per "esportazione di cultura" si intende un macroinsieme che include esportazione del know-how, attrazione di studenti cinesi verso i nostri atenei, incremento del turismo cinese incoming, e allestimento di mostre d'arte italiana in territorio cinese.

Esportazione del know-how. In diversi settori è riconosciuta la valità e la garanzia di qualità del made in Italy.  I cinesi, finita la fase di copiatura dei nostri prodotti, passaranno a quella di imitazione dei nostri processi produttivi e delle nostre tecniche. In Cina, per esempio, c'è una sincera e spasmodica emulazione, quasi un rispetto religioso, per il nostro interior e industrial design. Perchè non cogliere l'occasione? (Per saperne di più, vi rimando alla sezione About SIALI del presente blog).

Attrazione di studenti cinesi verso i nostri atenei. Molti sono gli atenei italiani che accusano un forte calo di immatricolazioni e denunciano il taglio dilapidatorio dei fondi all'università. Invece di lamentarsi rimanendo in una posizione di immobilità fatalista, perchè gli atenei italiani non si attivano per attirare gli studenti cinesi? Tutte le università inglesi, americane e australiane, ma anche tedesche e francesi, grandi o piccole che siano, si organizzano per venire ad esporre in fiere organizzate qui in Cina per presentare i corsi e i servizi delle grandi università straniere. Perchè gli atenei italiani non ci sono mai? Perchè gli atenei italiani non attivano servizi rivolti agli studenti cinesi, e che ne aumentino l'appeal? Eppure in Cina è quasi un obbligo per lo studente universitario fare un semestre di scambio o addirittura prendersi un titolo di studi all'estero. Eppure in Cina c'è una forte richiesta di corsi di design, fashion, gastronomia da frequentare nei nostri atenei...A parte rare eccezioni, come il Politecnico di Torino, molto ancora c'è e si deve fare!

Incremento del turismo cinese incoming. Vi rimando alla sezione Turismo Cinese del presente blog.

Allestimento di mostre d'arte italiana in territorio cinese. Secondo l'articolo di Ilaria Maria Sala comparso su La Stampa del 22 marzo 2013, dal titolo "Belli, brutti ma soprattutto tanti: in Cina è boom di musei", in Cina nuovi musei spuntano a centinaia ogni anno. Si tratta di una tendenza che si è andata sviluppando negli ultimi anni, quando la Cina, decisa ad affermarsi sulla scena mondiale come una potenza a cui non manca nulla, aveva dichiarato nel 2006 di voler costruire “1000 musei in 10 anni”.  Ma come sottolinea Lars Nittve, ex direttore della Tate Modern a Londra e curatore del museo ancora in costruzione M+ di Hong Kong, si guarda ai musei cinesi con un certo scetticismo. “Certo, hanno degli edifici spesso molto belli”, dice Nittve: “ma un museo non è una scatola. E in particolare oggi, un museo deve poter offrire una collezione articolata, ma anche qualcosa di innovativo, una capacità di rivedere il modello museale accettato in tutti questi anni. Nulla di ciò sta avvenendo per il momento in Cina”.

Quindi in Cina saranno sempre di più i musei-scatole vuote da riempire con opere d'arte e collezioni articolate. Noi in Italia abbiamo opere d'arte ammassate in scantinati di musei perchè non abbiamo spazi sufficienti per esporle. Perchè non dare una mano ai neofiti cinesi? Loro costruiscono e gestiscono i musei, con tutti i costi che ne derivano, noi glieli riempiamo con il nostro gusto e la nostra cultura. Mi sembra un'ottima opportunità di collaborazione e sviluppo per entrambi i Paesi, o no?

Made in Italy enogastronomico: un business milionario sul mercato cinese


L'articolo di Luigi Grassia comparso su La Stampa il 19/03/2013 illustra come l'agroalimentare sia il prodotto che ha più possibilità di trovare spazi sul mercato cinese. Un prodotto che non può avere concorrenza a ribasso sul prezzo e che non può essere contraffatto dai cinesi! Riporto alcuni paragrafi dell'articolo...

Se potesse vivere di solo export l'Italia sarebbe già in pieno rilancio. Peccato che invece il mercato interno continui a essere depresso. Ma lo scatto con cui gli esportatori italiani (nell'industria e nell'agricoltura) sono balzati sulla ripresa economica internazionale dimostra l'incredibile vitalità del nostro sistema produttivo, nonostante le tasse, la burocrazia e la politica che mettono i bastoni fra le ruote. Dice l'Istat che le vendite italiane all'estero hanno inaugurato il 2013 con un balzo dell'8,7% tendenziale, cioè su base annua (a gennaio rispetto allo stesso mese del 2012) mentre le importazioni sono risultate in discesa (-1,8%).  
Guardando alla direzione dei flussi commerciali, a gennaio la crescita tendenziale dell'export è accentuata in particolare verso i paesi dell'Asean, cioè le nazioni del Sud Est asiatico (+32,2%), e verso i paesi petroliferi dell'Opec (+26,1%); fra gli Stati europei si segnala come curiosità statistica il boom dell'export verso il Belgio (+27%).  Quanto ai prodotti italiani che vengono più apprezzati oltre i nostri confini, a gennaio rispetto a dodici mesi prima risulta molto forte l'espansione delle vendite di prodotti alimentari, di bevande e di tabacco (+21,5%), degli articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+17,2%) e degli apparecchi elettrici (+16,2%). L'associazione Coldiretti sottolinea invece il grande successo che continua ad avere all'estero la produzione agroalimentare italiana. Con un balzo record del 21% il Made in Italy enogastronomico segna a gennaio un tasso di crescita più che doppio rispetto alla media (+8,7%) e questo dopo un 2012 che già è stato da record, con un fatturato di settore pari a 31,8 miliardi di euro. Ancora la Coldiretti sottolinea, commentando i dati dell'Istat, che il vino è stato nel 2012 il prodotto agroalimentare più esportato dall'Italia con un valore record di 4,7 miliardi di euro, seguito dall'ortofrutta fresca, dalla pasta e dall'olio di oliva che sono i componenti base della dieta mediterranea riconosciuta in tutto il mondo per le sue qualità a vantaggio della salute.  

Il mio backgroud

Originario del Salento, a 19 anni dopo aver conseguito la maturità scientifica, mi trasferisco a Torino per frequentare il corso di laurea in Mediazione Culturale con specializzazione in Lingua e Cultura cinese. I quattro anni passati a Torino mi permetteranno di uscire dal provincialismo del borgo natìo, aprirmi ad una realtà interculturale, e attraverso esperienze di lavoro presso istuzioni storiche torinesi come il Turin Palace Hotel e il Caffè Baratti&Milano, perfezionerò competenze e conoscenze nel settore della gastronomia e della ristorazione, una passione che mi ha accompagnato sin da quando quattordicenne ho mosso i primi passi nel mondo del lavoro.

Conclusi con il massimo dei voti gli studi, a 23 anni mi trasferisco a Taichung, una dinamica metropoli nel centro di Taiwan, per perfezionare il mio cinese presso la Fengjia University. Un corso di un anno e mezzo che mi ha permesso di spaziare dal cinese accademico, a quello commerciale, a quello turistico. Nel contempo insegno inglese ed italiano in scuole di lingue, e dedico molto tempo ed energie per andare ben oltre l'apprendimento del cinese orale, avendo come obiettivo quello di diventare esperto anche nella lettura e nella scrittura del cinese.

A 25 anni, grazie ad una borsa di studio rilasciata dal Ministero degli Esteri taiwanese, ho l'opportunità di frequentare un corso di laurea specialistica presso l'Università Normale di Taiwan in Didattica della Lingua Cinese L2. Mi laureo tre anni dopo con una tesi dal titolo: "Principi per la stesura di un manuale di lingua cinese per guide turistiche italiane". Negli anni passati a Taipei, oltre ad insegnare cinese agli stranieri, collaboro in outsourcing con l'Istituto Italiano Commercio Estero di Taipei, e in progetti di partnership con aziende sia italiane che taiwanesi nei settori più disparati: dalla meccanica al turismo, dall'elettronica al food. Mi impegno anche attivamente per la promozione della cultura italiana in Taiwan attraverso eventi culinari-gastronomici che mirano a proporre delle analisi comparative tra le due culture.

Per saperne di più, vedi il mio profilo su LinkedIn:

Marketing: differenze fra italiani e cinesi

Per noi italiani "marketing" è sempre stata una parolaccia. Infatti l'abbiamo presa in prestito dall'inglese così com'è senza mai neppure provare a tradurla. "Goal" inizialmente veniva tradotto con "rete", "computer" con "calcolatore", "blender" con "frullatore", ecc. Tutti esempi di vocaboli che solo in seguito non hanno potuto far altro che soccombere al prestito inglese, ma almeno ci avevamo provato ad avere un nostro equivalente italiano. Ma non è successo per la parola "marketing", proprio perchè è un concetto troppo anglosassone che non ci appartiene affatto. In che senso?

Balcone di Romeo&Giulietta a Verona
Ebbene, in noi consumatori italiani un prodotto infarcito con troppe strategie di marketing (in cui rientrano comunicazione, pubblicità e promozioni), è un prodotto scadente, altrimenti non riusciamo a spiegarci il perchè di un così dispiegato impiego di metodi "astratti", che esulano dalla qualità intrinseca del prodotto. Sono gli stessi produttori italiani a riufiutare le strategie di marketing considerandole un ripiego attraverso cui "mettere una pezza" alla scarsa originalità, qualità, forza del prodotto. Un esempio emblematico è il rifiuto di strategie di comunicazioni in politica da parte di alcuni soggetti politici, considerate strategie diaboliche poco autentiche che mirano non a convincere un elettore informato ed accorto, ma ad imbrogliare, raggirare, illudere, imbambolare e sedurre l'elettore, che cascandoci dimostra la sua pochezza intellettuale. Pertanto, un partito che mira ad un elettorato maturo intellettualmente, rifugge dalle strategie di comunicazione, che potrebbero essere considerate un insulto dal suo elettorato, e addirittura creare sospetti e alienare consenso.

Audrey Hepburn con Salvatore Ferragamo
Tra i cinesi invece il marketing conta di più del prodotto stesso. Ecco perchè per esempio i nostri prodotti alimentari perdono in competizione con quelli francesi, o invece quelli fashion vincono o quantomeno se la giocano alla pari. Il mondo della moda oltre che di qualità e creatività, si nutre di marketing che deve creare un immaginario attraverso slogan, campagne pubblicitarie, testimonial, ecc. Altrimenti perchè i rivenditori Ferragamo propongono sempre la foto di Salvatore mentre fa provare le scarpe alle più grandi dive di Holywood? La storia intorno al prodotto, al brand affascina e conquista il consumatore.

Soprattutto per quanto riguarda il settore del food, come anche dell'arredamento o del viaggio, il consumatore cinese vuole sentirsi raccontare una storia che lo attragga,coinvolga e induca all'acquisto. Ecco perchè insisto sempre sulla importanza di proporre una meta turistica raccontandoci la storia che ci sta intorno, una leggenda, un aneddoto. Ai cinesi per esempio piace il balcone di Romeo e Giulietta non perchè siano intenditori di architettura (tra l'altro l'architettura cinese è priva del concetto di balcone), ma per la storiella che c'è dietro, che loro sanno perfettamente essere falsa, ma non importa!

Sangiovese
Un altro esempio. Una mia amica taiwanese mi ospita a casa per farmi sorseggiare a me amatore di caffè, dei chicchi di caffè carissimi, biologici, coltivati da un'azienda americana con scopi solidali in Cambogia per aiutare l'economia disastrata di quel paese. E io che tra un sorseggio e l'altro, ascoltavo interessato questa trovata di marketing geniale mi chiedevo tra me e me: ma come si può essere disposti a pagare soldoni per un caffè che non sa di nulla, prodotto in un Paese non di certo famoso per la produzione di caffè, da americani che saranno bravi a produrre armi, ma con tutto rispetto di caffè non ci capiscono nulla? Per di più questa storiella creata intorno a dei chicchi insapore di caffè, oltre ad avere convinto la mia amica a spendere una cifra spropositata, l'ha anche emozionalmente coinvolta al punto tale da far scattare il passaparola.

Ora, cari imprenditori italiani: che i vostri prodotti siano di qualità lo sapete voi e pochi altri addetti ai lavori, ma se volete iniziare a fare i numeri in Cina, imparate qualche nozione di marketing. Fare un buon vino non basta, anche perchè il cinese non sa distinguere la differenza tra un Sangiovese della cantina sociale ed un Brunello. Ma sa apprezzare la storiella che c'è dietro l'etichetta, la storia della vostra cantina, della vostra famiglia, del vostro borgo. Credete che impiegare tecniche di marketing danneggi l'immagine del vostro prodotto? Vendete altrove, ma non  in Cina... 

Fare business in Cina: due importanti regole

Per fare business in Cina e riuscirci è fondamentale intrecciare buone relazioni, le cosiddette "guanxi". Sono tanti i manuali che ci istruiscono sul mercato cinese a ricordarcelo, il problema è che spesso non ci spiegano come. Condivido con voi due regole o metodi che ho maturato con l'esperienza diretta sul campo.

La prima: non siate avari di complimenti! 
Mentre in Italia fare in continuazione complimenti e di contro negare i propri meriti è considerata una condotta ipocrita, in Cina è vista come rispettosa, educata e pertanto gradita. Quindi, ringraziate e fate sempre i complimenti al vostro interlocutore cinese per i suoi prodotti anche se non proprio eccellenti, per il ristorante che ha scelto per il meeting, decantate le lodi per la  tradizione culinaria e la storia millenaria cinese, fategli i complimenti per lo stand in fiera, per l'auto, per le scarpe firmate nel caso le abbia, per la foto dei figli, ecc...Non lesinate! Cercate sempre qualcosa meritevole di lode...
Al contrario, negate sempre e con convinzione i complimenti che vi vengono fatti, assotigliate i vostri meriti e ridimensionate i vostri successi con un "Non è così", "Ci impegnamo per fare del nostro meglio, ma voi a quanto pare fate meglio", "Abbiamo ancora tantissimo da imparare" e simili. I cinesi apprezzano moltissimo la modestia, sono invece disturbati dall'eccessiva sicurezza di sè.
Per il principio di biunivicità quindi è sempre bene non credere a tutti i complimenti che vi fanno i cinesi. A loro piace esagerare nei complimenti per rafforzare la stima reciproca e ottenere il vostro consenso. Non credete nemmeno con troppa leggerezza alle loro proposte di possibili collaborazioni future, sono anche queste un modo per solidificare un rapporto ed esprimere piena fiducia nel successo dell'operazione contingente, ma niente di serio. Con i cinesi è meglio vivere alla giornata, case by case...Intanto portate a casa il risultato, poi per possibili future collaborazioni ci sarà sempre tempo per riparlarne. 

La seconda: nessun amico è per sempre!
I cinesi sono molto leali nei rapporti personali, e puntano sulle relazioni a lungo termine. Nel mondo degli affari però, sono anche molto pragmatici. Essendo il mercato cinese molto competitivo, non si faranno scrupoli nel rimangiarsi la parola data, o nello scegliere un vostro competitor che offre prezzi e condizioni più vantaggiose delle vostre. 
E' anche vero che nessun nemico è per sempre. Quindi se oggi un vostro partner in affari vi ha voltato le spalle, trattatelo sempre e comunque come fosse un vostro interlocutore leale e strategico. Un domani gli potrete o vi potrà tornare utile. In Cina le relazioni d'affari non si chiudono mai sbattendo le porte, ma sorridendo perchè non si può mai sapere cosa preserva il futuro. Un detto cinese dice: 笑處藏刀 (xiaochu cang dao) ovvero, nascondere il pugnale nel sorriso...

L'entusiasmo è il profumo della vita

tutto è più bello in un giorno di sole
I tempi grigi anzi neri in cui stiamo vivendo a causa della recessione economica, della crisi culturale e sociale, dell'immobilità politica, ecc inducono molti a sviluppare un pessimismo cosmico, che a volte porta alla depressione vera e propria. Speranze disattese, la sensazione di immobilità e ineluttabilità di un destino che sembra controllare la nostra esistenza producono un vuoto di idee, la voglia di mollare ancor prima di aver cominciato, apatia e disinteresse verso una vita ancora non sbocciata.

Credo che in questo quadro grigio e pessimista, chi come me fa parte di quella generazione che ha tra i venti e i quarantanni e si trova all'inizio della propria vita professionale, con tutte le decisioni importanti ancora da prendere, non può e non deve arrendersi sui blocchi di partenza. Piuttosto che aver paura di inziare e fallire, occorrerebbe invece aver paura di non averci mai provato, di aver mollato quando invece era il momento di agire.

Quindi i principi di azione sono i seguenti:

1. learning by doing: non aver paura, un fallimento è solo una preziosa lezione che ci sarà utile ricordare in futuro; 

2. non prenderti troppo sul serio: Colombo scoprì l'America per errore! La modestia, la capacità di ridere dei nostri errori, il senso dell'humor, la leggerezza dell'inconsapevolezza possono aiutarci ad abbattere gli ostacoli e i timori creati da un eccessivo amor proprio e timore di non essere all'altezza;

3. individua il tuo business model: cerca con costanza di capire cosa ti piace fare, per cosa provi entusiamo e passione senza aver paura delle risposte che potrai trovare. Scoprirai magari che quello che credevi meglio per te, in realtà non lo desideravi davvero o non è ciò che può permetterti di esprimere al meglio le tue potenzialità. Meglio capirlo e accettarlo ora, che quando sarà ormai troppo tardi. Ho per esempio un carissimo amico laureato con il massimo dei voti in linguistica ed hindi, ma che poi ha capito di avere talento e passione per la fotografia, ha seguito il suo istinto senza paure e adesso è un fotografo di successo.

Possiamo decidere di arrenderci o di provare. Io credo sia più eccitante e stimolante provare. E se poi le cose vanno male, c'è sempre tempo per riprovarci...la vita è bella per le sorprese, proprio come i film con un finale imprevedibile!

Fare business in Cina: regole per la comunicazione efficacie con il boss d'azienda

Individuare chi è il boss di un'azienda cinese è semplicissimo perchè quando lui parla tutti ascoltano, quando lui ride tutti ridono, quando lui decide che è ora di andare tutti si allontanano. 

Il leader d'azienda ideale secondo me dovrebbe essere sicuro dei propri mezzi e trasmettere sicurezza, carismatico e coinvolgente, ma allo stesso tempo modesto, umile e con un ego contenuto, che deve sapere quando e come dare spazio ai propri sottoposti. Deve insomma essere un animale da palcoscenico, reggere le sorti dello spettacolo, riempire la scena ma non soffocarla. Al contrario, saprà quando fare da spalla e esaltare le competenze e le doti dei suoi collaboratori. Autorevole ma non autoritario. Disposto al confronto, pronto ad ascoltare, convinto di quello che fa quando in pubblico, scettico e ditubante in fase decisionale quando in privato. Ma il boss d'azienda cinese è quasi in toto l'opposto di tutto ciò!

La dottrina confuciana classifica in modo rigido e preciso i rapporti interpersonali che sono tutti, al contrario di quello di amicizia, subordinanti: padre-figlio, sovrano-suddito, marito-moglie, fratello maggiore-fratello minore. Si comporta in modo retto chi comprende il proprio ruolo, lo accetta e si comporta di conseguenza. Quindi in un'azienda non importa che la più dotata e sensibile al business sia la moglie del boss, voi dovrete continuare sempre a discutere con il boss e poi magari la moglie farà da mediatrice in privato, e lo stesso dicasi se il vostro interlocutore preferito è il fratello minore o il figlio del boss. Loro sapranno come comunicare in privato con il boss senza infrangere le regole sociali della buona educazione. Decidere di bypassare il boss inetto, rivolgendosi direttamente ad un altro interlocutore, implica mandare in fumo l'affare, perchè anche il vostro interlocutore non potendo infrangere le norme che regolano i rapporti interpersonali poi non potrà più farvi da mediatore. Ho seguito un caso simile, dove il CEO dell'azienda italiana sentiva di avere un feeling particolare con la moglie del boss, quest'ultima davvero in gamba e propositiva nel business si è trovata a dover fare un passo indietro, tra lo stupore e la delusione del latin lover italiano purtroppo a digiuno di nozioni di cultura cinese.

In Cina la maggioranza dei boss d'azienda non sono disposti ad ascoltare, e prendono suggerimenti solo da altri imprenditori, ovvero persone dello stesso livello sociale. Prendere in considerazione il suggerimento di un sottoposto sarebbe un gesto da debole, che minerebbe l'autorità del capo all'interno dell'azienda, e comunque i collaboratori del boss sanno che è meglio tenere un'idea anche se buona per sè, o condividerla solo se si è consultati, e comunque esponendola con tanta premura e in privato, onde ledere l'amor proprio del capo e attirare le sue antipatie.

Chi lavora come consulente in Cina, sa per esempio che i suggerimenti all'imprenditore si danno in privato, non lo si contraddice mai in pubblico, e se qualche sua scelta passata si è rivelata errata non glielo si imputa direttamente. Introduce i suoi suggerimenti con modestia e incertezza usando la prima persona plurale piuttosto che esordire con "In base ai dati in mio possesso, sono convinto che...". Sarebbe più appropriata invece la formula "Credo dovremmo provare questa soluzione...cosa ne pensa Lei?".

Inoltre nelle visite in azienda o agli stand in fiera, ricordatevi di chiedere sempre prima del capo. Anche se il vostro interlocutore abituale è l'import o l'export manager, ricordatevi che se il boss d'azienda è presente, dovrete sempre e comunque parlare rivolgendovi a lui, fino a quando vi inviterà a porre le vostre domande al suo sottoposto. Solo allora il suo collaboratore si sentirà a suo agio nel continuare la conversazione. 

Superstizioni cinesi: i numeri

stazione dei bus a Taipei
In Cina non troverete mai il tavolo numero 4, la camera numero 4, lo sportello numero 4,ecc.
"Quattro" in cinese si pronuncia "si", un suono che ricorda la pronuncia del carattere cinese che significa "morte". Quindi, i cinesi preferiscono evitare quando possibile l'uso di questo numero. Succede quindi che un ufficio al quarto piano ha un costo inferiore...quindi chi ha intenzione di fare business in Cina, farebbe bene a chiedere sempre un appartamento o un ufficio al quarto piano.

L'otto invece è considerato il numero fortunato.Fate un piccolo esperimento: andate a controllare i numeri di cellulare dei vostri amici cinesi...noterete l'assenza dei quattro e una particolare abbondanza di otto. Per questo quindi, in Cina le schede dei numeri di telefono con tanti otto, hanno un costo di attivazione maggiore delle altre.

Fare business in Cina: e-commerce

"aPure" è un'azienda taiwanese fondata nel 2004 che commercializza calzini in "fibra funzionale" che riduce la sudorazione . E' un caso imprenditoriale che sottolinea la forza dell'e-commerce nel mercato cinese. 

Una pratica alquanto standard è quella di un'azienda che decide di proporre la vendita dei suoi prodotti anche on-line, quindi prima il punto vendita fisico e poi quello virtuale. Nel caso dell'aPure invece è successo l'esatto contrario: dopo sette anni di fatturati di successo on-line è passata nel 2011 ad associare al negozio virtuale quello fisico con una catena di punti vendita che supera la centinaia, molti dei quali all'interno di prestigiosi centri commerciali. Il chè la dice lunga sulle potenzialità dell'impiego della rete sul mercato cinese.

Ergo, quando puntiamo al mercato cinese, un asset fondamentale è il sito web della nostra azienda. Occorre inoltre liberarci dei pregiudizi sull'e-commerce, che probabilmente non funziona con i consumantori italiani, ma invece è molto apprezzato da quelli cinesi. E come dimostra il caso "aPure", è persino più apprezzato del punto vendita fisico...