Fughe esistenziali


"Come vorrei essere altrove in questo istante...". "Ho bisogno di evadere per andare il più lontano possibile!". A chi di noi non è passato almeno una volta per la mente un pensiero del genere. A quanto pare, è innato e comune in tutti il desiderio di fuggire, ma da dove e soprattutto perchè, sono quesiti le cui risposte possono essere molteplici e opposte.
Innanzitutto voglio fare un distinguo tra le fughe esistenziali "insane" e le fughe esistenziali "sane". Per "insane" si intendono quelle fughe disordinate senza meta: il fuggiasco se la da a gambe da una situazione che non sa più come gestire, fugge per levarsi dall'impaccio, fugge per scontrarsi ancora una volta con una realtà che lo punirà nuovamente e lo costringerà ad una nuova fuga, creando così un ciclo infinito di nauseanti esperienze. Questo tipo di fuggiasco "insano" cerca la felicità al di fuori di sè, e sbaglia nel credere che la ragione delle sue frustrazioni risieda sempre in ciò che gli sta intorno, ed è purtroppo convinto che per sentire il fragoroso applauso della sua anima deve semplicemente cambiare i protagonisti, le comparse e la scenografia dell'ultima scena. Il risultato è una tragedia, una vita che atto dopo atto non prevede nessun progresso, nessun successo, ma solo l'emozione derivante dal cambio di scena.
Le fughe esistenziali "sane", al contrario, sono fughe che hanno una durata specifica prefissata e soprattutto un obiettivo chiaro e univoco: capire se stessi per non dover più fuggire. Il fuggiasco "sano" è l'antitesi all'idea di fuga: il galeotto fugge dalla prigione per non tornarci, mentre il fuggiasco "sano" fugge dalla sua realtà per poi ritornarci e rimanerci. Le fughe esistenziali "sane" sono un viaggio alla ricerca di se stessi: il fuggiasco vuole capire perchè ad un certo punto ha sentito il bisogno di fuggire, di evadere, allontanarsi da una realtà in cui una volta ci sguizzava benissimo, ma che poi ha percepito come soffocante, stretta, opprimente e stagnate; vuole capire dove deve migliorarsi per adattarsi meglio alla "felicità imperfetta", l'unico tipo di felicità che gli è concessa.
Concludo con due versi:

"Finalmente ti ho ritrovato,
Sapessi per quanto e dove ti ho cercato!"
Ma l'Io indifferente ribattè:
"Io ci sono sempre stato
E non mi sono mai allontanato
nemmeno quando tu hai voluto credere
di essere un altro!"